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La poesia è la pelle del poeta.
Se la pelle fosse un libro, avremmo tanto da scrivere: per estensione, 3 strati come è risaputo – edpidermide, derma e ipoderma – e anche per peso. La nostra pelle rappresenta, infatti, il 15%, del nostro peso corporeo. Ma avremmo anche tanto da leggere. Sulla pelle ci piace scrivere, disegnare. Ci piace addobbarla, colorarla, prendercene cura. È stato così da sempre.
Tattoo
Il termine tattoo deriva dal polinesiano tautau, il suono del picchiettìo del legno sull’ago utilizzato per incidere la pelle, che il capitano James Cook descrisse nel 1769 con il termine di tatouage.
Prima della scoperta della pergamena, dopo la pittura rupestre, fu la pelle a raccontare storie. I primi tatuaggi rinvenuti risalgono a 5.000 anni fa. Furono ritrovati sulla pelle di mummie egizie e servivano per esprimere qualcosa di sé: status sociale, virtù, conoscenze. Pratiche e simboli che hanno attraversato la storia dell’uomo, sfidato i divieti della Chiesa medievale e il positivismo di Lombroso che considerava la pelle tatuata segno di individuo criminale e che, oggi più che mai, hanno fagocitato anche la nostra cultura. Perché?
Le ragioni sono quelle di sempre, quelle che si perdono nella notte dei tempi. Scrivere – o disegnare – con il sangue è la forma più potente per raccontare la propria identità, l’appartenenza a un gruppo, celebrare un rito di passaggio o di trasformazione e per farlo ricordare a sé e/o agli altri, a seconda della parte del corpo prescelta. Si parla di vera e propria psicologia del tatuaggio e anche di patologia, quando l’intento non è più comunicativo ma spinto da altre intenzioni che nascono da una visione distorta del proprio corpo che allora vogliamo nascondere, modificare, oltraggiare o far celebrare ad altri che da noi.
Body-painting
Noi lo chiamiamo trucco, intendendo artificio, inganno, nascondimento. Ma, così come il tatuaggio, l’arte di dipingere il viso – e il corpo – nasce come narrazione, svelamento di sé.
Arriviamo agli antichi egizi per ritrovare le prime testimonianze. L’ornamento del proprio viso aveva un significato altro dalla sola bellezza, serviva per piacere agli dèi e tenere lontane le forze del male. Tanto è vero che sia le terre che gli olii utilizzati per il viso e per il corpo erano miscele preparate dai sacerdoti. Il corpo per gli antichi egizi era sacro, la casa dell’anima immortale, la vita e la bellezza, come sappiamo, per loro continuavano oltre la morte. Esattamente come nella tradizione cinese dove veniva utilizzata la polvere di riso, la pelle veniva schiarita con impacchi di alabastro e di carbonato di soda e miele, così da rendere la tela uniforme prima dell’applicazione di altri colori. I cosmetici più preziosi erano quelli ricavati dal delta del Nilo.
Lo sbiancamento della pelle ha attraversato le culture. Anche nell’antica Grecia e poi nella Roma antica le donne usavano biacca e gesso che poteva addirittura condurle alla morte per avvelenamento da carbonato di piombo. Il Medioevo bandì anche la cosmesi, ma, in occasioni speciali, uomini e donne ingaggiavano pittori per farsi dipingere con colori ad olio o a tempera il volto. Poi col Rinascimento ritornò il colore che racconta e disvela, esattamente come il tatuaggio, identità, appartenenza, trasformazione, ma, essendo più intercambiabile, anche semplicemente lo stato d’animo della giornata. E diventa anche arte con il body painting.
L’acqua della pelle
Da non confondere con il tatuaggio medicale, una pratica molto diffusa oggi è quella del trucco permanente, una tecnica di tatuaggio del colore che interviene proprio pigmentando gli strati meno superficiali della nostra pelle.
Un colore che non si lava e non scivola via con il sudore. Un colore che resiste alla frequentazione di palestre e spa. Il trucco che ci permette sentirci al top anche durante un allenamento. Perché, se è vero, che il colore e i segni raccontano di noi, è anche vero che la nostra pelle suda e che il sudore è una protezione indispensabile per la nostra salute.
Sudiamo quando la nostra temperatura corporea sale troppo e quindi le nostre ghiandole sudoripare producono acqua che trasferisca calore all’esterno e che sulla pelle si raffreddi e ci rinfreschi. Ogni litro di acqua che evapora dal nostro corpo ci fa espellere sotto forma di calore più di 500 Kcal nell’ambiente. Se non reintegriamo la quantità di liquidi dispersa, possiamo incorrere in gravi patologie da disidratazione.
Quando ci troviamo in particolari condizioni ambientali, fisiologiche ma anche psicologiche o siamo sottoposti a sforzo fisico, l’acqua da sola potrebbe non bastare a reintegrare ciò che abbiamo perso. Il sudore, infatti, è composto, oltre che da acqua, anche da zuccheri, sali di cloro, potassio, proteine, colesterolo e sotto sforzo, acido lattico.
La frutta e la verdura sono ottimi alleati per il ripristino dell’idratazione perché, oltre ad avere un sapore gradevole, contengono esattamente ciò di cui il nostro fisico, in condizioni normali, ha bisogno in caso di eccessiva sudorazione.
La cura del corpo e della pelle passa anche attraverso ciò di cui ci nutriamo. Una tela ben nutrita e idratata saprà esaltare qualsiasi colore!
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