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Le favole non dicono ai bambini che i draghi esistono. Perché i bambini lo sanno già.
Le favole dicono ai bambini che i draghi possono essere sconfitti
Il sole è giallo, rosso, rosa, arancione, bianco. Dipende dal momento in cui lo guardiamo. In ogni caso ha il colore e il calore della vita. Anche quando rinasce o si addormenta. Il sole è sicurezza, fiducia, futuro, certezza, vita. Una cosa non è ancora mai successa dall’inizio del mondo: che ogni mattina il sole non sorgesse ancora.
Ecco perché quando va a fare le nanne, quando la sera si rimbocca le coperte e scompare dietro le nostre montagne, c’è bisogno di ricordarne l’esistenza. E il colore. Il colore, perché? Perché è una delle prime cose che impariamo a leggere quando veniamo al mondo. Ricordare la luce del sole prima di chiudere gli occhi mantiene salda la fiducia che domani sarà un nuovo giorno e che quando riapriremo gli occhi ciò che ricordiamo di avere intorno sarà ancora lì.
Il colore del fuoco
Un tempo ci si riuniva intorno al fuoco, rosso giallo arancione, che permetteva di guardarsi gli uni con gli altri, che faceva, appunto, luce, per tramandarci oralmente storie, aneddoti e leggende. Ai neonati per dormire si cantano ninne nanne. Ai bambini le nostre nonne raccontavano le loro storie del passato o dell’infanzia, poi le favole codificate impresse nei libri. E oggi?
Se è vero che i nostri figli non si ricorderanno se la nostra casa fosse pulita o sporca, è vero che si ricorderanno se leggevamo o raccontavamo loro delle storie, specialmente la sera, prima di dormire, per non cedere al buio della notte da soli.
Il colore della voce
Recenti studi dicono che appena il 4% degli adulti raccontano o leggono storie ai loro bambini. Per mancanza di tempo, perché stanchi dal lavoro, perché esistono gli audio, perché c’è la tv, perché i bambini se le possono leggere o sfogliare, dipende dall’età, da soli.
Gli stessi studi dicono che, così come le ninne nanne, leggere già dalle prime settimane di vita ai bambini, delle favole, li aiuta a imparare a parlare, a pensare, li rende più forti e più sicuri. E non è solo perché c’è la voce di chi li ama a ricreare i colori della giornata o perché significa un tempo a loro dedicato, proprio per il valore intrinseco delle trame.
Tutte le favole nascono da tradizioni orali. Poi c’è chi le ha raccolte e codificate, tramandando la sua versione, quella diventata ufficiale, quella che meglio da un certo punto in poi si addiceva ai canoni di Propp.
Anche noi in Italia abbiamo avuto il nostro Grimm, si tratta del siciliano Giuseppe Pitrè che rese possibile la voluminosa e celebre raccolta di Italo Calvino “Fiabe italiane”.
Storie popolari
Fiabe popolari, appunto. Fiabe che non piacciono a noi adulti. Perché sono fiabe taglienti come vetro. Racconti sconvenienti, molto lontani dalle versioni disneyane di principi e ranocchi. Eppure quelle storie che sembrano essere di colore marrone o nero, che paiono avere il colore delle tenebre più che quello del giorno, sono quelle che meglio si addicono all’immaginario dei bambini. Sono storie che parlano il linguaggio della loro mente, parlano la lingua delle paure contro cui lottano tutto il giorno alla ricerca di consolazione. L’errore che commettiamo, e ce lo ha spiegato bene James Hillman, è quello di confondere la nostra mente razionale e giudicante adulta con quella dei bambini che di razionale non ha proprio nulla. I bambini sono disposti ad accogliere il male, accettano come vere lame che tagliano, sono disposti a convivere con i mostri. Sono capaci di questo perché proprio ciò che ci sembra di dover loro nascondere rappresenta e dà forma – e spiegazione – a ciò che per loro esiste comunque, a volte senza forma. E il senza forma fa paura. Il conosciuto no. Sono disposti perché poi ci sarà un lieto fine, o, meglio, la sconfitta del male. O meglio, una spiegazione al male.
Magnifichiamo i raggi del sole
Di fiabe e racconti popolari, saghe tramandate per secoli e secoli oralmente, sono piene anche le nostre montagne e le nostre valli. Le ricordano i nomi di alcune cime, sentieri e anche strutture, alberghi e rifugi. Sono state raccolte da istituti che sono la memoria della lingua e della cultura ma che resteranno nel tempo archivi antropologici per le generazioni a venire, quando la voglia di raccontare storie ai nostri bambini tornerà di moda, semplicemente perché avremo imparato che le storie raccontate o lette con la nostra voce, quando i nostri bimbi non sanno ancora leggere ma anche quando saranno in grado di leggerle da soli, coloreranno la loro vita negli anni a venire.